Di Mario Sommossa

I telegiornali dell’estate ci hanno riempito di immagini di iceberg che si sciolgono e di inusuali temperature estremamente calde in Groenlandia e nei Paesi del nord Europa.

In Italia, così come in altre parti del mondo eccezionali temporali hanno causato alluvioni disastrose con danni che non si ricordano da decenni o, forse, da mai. Naturalmente, tutti i commenti o le allusioni incolpavano il cambiamento climatico in corso e le responsabilità del genere umano nelle sue origini.

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Che un cambiamento climatico epocale sia in corso sulla Terra, dalla fine dell’800 ad oggi, è molto probabile ma è ben difficile affermarlo con certezza poiché solitamente eventi di questo genere possono essere identificati solo su una scala plurisecolare e, non a caso, alcuni studiosi contestano che ci si trovi di fronte a mutazioni di questa dimensione. I fautori della teoria apocalittica sostengono che siano le emissioni di CO2, sempre in crescita da quando si è cominciato a misurarle, ad aver fatto aumentare la temperatura media del pianeta di quasi un grado centigrado. Eppure, anche il fatto che quel gas sia la causa del possibile cambiamento è messo in discussione da altri scienziati, seppur minoritari, che sostengono invece che la stabilità generale del nostro pianeta corregge autonomamente ogni disequilibrio prodotto in natura. Secondo loro, e si tratta di geologi, antropologi e storici, il nostro pianeta ha già vissuto numerosi ed importanti cambiamenti climatici durati per secoli e non si è mai trattato di cause antropiche. Basta ricordare la cosiddetta “Piccola Glaciazione” che ha seminato in tutta Europa temperature così basse che, ad esempio, attorno al 1400 a Milano era opportuno indossare il cappotto anche in agosto. Tutti ormai sanno anche che il Sahara fu, un tempo lontano, un lago con verzure lussureggianti, e che la stessa Africa aveva un clima ben diverso dall’attuale.

Le cose, come è facile costatare, sono cambiate drasticamente nonostante la Terra fosse allora poco popolata e l’industrializzazione non si sapeva nemmeno cosa fosse.

Si è sempre saputo che un’anomalia nelle macchie solari, qualche fortissima eruzione vulcanica e, soprattutto, una seppur minima inclinazione dell’asse terrestre hanno avuto e continuano ad avere effetti sulle condizioni atmosferiche della Terra e non si capisce perché’ tutte queste cause non si prendano oggi in considerazione e si preferisca addebitare all’uomo qualcosa che, molto probabilmente, va ben al di là della sua portata.

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Non è la prima volta nella nostra storia che nascono parole d’ordine cui tutti debbono adeguarsi acriticamente. Opporvisi significa essere emarginati dalla società ed essere guardati come pazzi. In alcuni casi addirittura perseguitati. Copernico osò scoprire che la Terra non era il centro dell’universo ma la prudenza gli suggerì di non pubblicare i suoi studi per molti anni (praticamente fino quasi alla morte) e anche quando il libro apparve fu giudicato dai più come “contrario all’evidenza”.

Per Galileo fu ancora peggio e se non avesse ritrattato sarebbe stato perfino condannato a morte come eretico per aver messo in dubbio alcune “verità” aristoteliche e delle Sacre Scritture. Esempi di questo genere ne potremmo enumerare tanti, anche in tempi più recenti e il conformismo, perfino nel mondo scientifico, si può dire essere una costante della cultura dell’uomo. 

Non è mio compito, né mia competenza, affermare o negare qui se sia veramente in corso qualche importante cambiamento climatico. Neppure posso esprimermi con illimitata certezza contro la teoria delle responsabilità antropiche ma mi permetto di affermare che chi sostiene essere l’uomo la causa primaria degli eventi meteorologici disastrosi che colpiscono alcune zone del pianeta la fa a partito preso, senza alcuna prova scientifica assoluta.

Scienziati coraggiosi e che non hanno nulla da perdere perché già al di sopra della bagarre accademiche come Carlo Rubbia (premio Nobel per la fisica) e Antonino Zichichi lo hanno detto chiaramente.

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Ha affermato Rubbia: “La situazione del pianeta non è stabile e persistente ma ciclica. E non è riscontrabile un rapporto tra i cambiamenti climatici e le emissioni di CO2”.

Zichichi, da par suo, ha affermato: “…. attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del 10%. Al 90% il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali ad oggi gli scienziati, come dicevo, non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future”.

Detto quanto sopra e quindi accertato che non c’è alcuna prova che le emissioni antropiche di CO2 facciano innalzare la temperatura, non possiamo esimerci da un’altra considerazione che è molto più immediata, prosaica ma almeno dimostrata, avere causa antropica: l’inquinamento.

È un dato di fatto misurabile di là di ogni dubbio che la qualità media dell’aria nei centri fortemente abitati è in costante peggioramento. Lo stesso dicasi per le acque degli oceani, dei mari dei laghi e dei fiumi. Se uno sforzo deve essere fatto del genere umano nei confronti del suo stesso comportamento è per il rischio ambientale e non per quello climatico su cui nulla può anche se lo volesse.

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È provato che una aria cattiva, magari dovuta alle emissioni industriali o anche al solo uso di combustibili fossili è nociva per la salute di tutti gli esseri viventi. È anche assodato che il continuo aumento della popolazione umana sulla Terra, oltre a causare un maggior consumo delle risorse disponibili, aumenta anche la quantità di rifiuti (e sempre più quelli per lunghi anni non degradabili) che avvelenano acque e terreni.

Se, dunque, gli Stati del mondo vogliono veramente garantire le migliori e piu’ durature condizioni per la vita del genere umano sulla terra sarebbe bene che concentrino i loro sforzi su realtà piu’ facilmente controllabili quali la riduzione delle sostanze inquinanti e una spinta maggiore al controllo delle nascite, soprattutto nei Paesi del terzo mondo.

Questi sarebbero obbiettivi concreti e su fattori che, indubitabilmente, dipendono dai nostri comportamenti e non da cause probabilmente ben più grandi di noi e comunque difficilmente controllabili.

 

Fonte: SPUNTNIK