A COLLOQUIO CON FRANCO PRODI

Il clima cambia naturalmente

A cura di Aldo Ligabò

Franco Prodi (Reggio nell’Emilia, 4 giugno 1941) è un fisico, accademico e meteorologo italiano, studioso di fisica dell’atmosfera, meteorologia e climatologia.
Laureatosi in fisica, con una tesi in fisica dello stato solido, presso l’Università di Bologna nel 1963, si è dedicato alla meteorologia e alla fisica dell’atmosfera a partire dal servizio militare svolto nel Genio aeronautico, ruolo fisici.
Ricercatore del CNR dal 1967, ha approfondito i suoi studi e condotto ricerche al National Center for Atmospheric Research (NCAR) di Boulder in Colorado. Tornato in Italia, ha svolto una continua attività di insegnamento e di ricerca. Docente di fisica, termodinamica e geofisica all’Università di Modena fino al 1986, ha ottenuto nel 1987 la cattedra presso l’Università di Ferrara. Ha preso parte a numerose commissioni di studio in campo nazionale e internazionale e ha diretto, fino a novembre 2008, l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, di cui è stato ricercatore associato fino al 2017.
I suoi interessi scientifici hanno riguardato, in particolare, varie tematiche fra le quali la formazione della grandine, la radarmeteorologia, il nowcasting, la microfisica delle nubi e la fisica dell’aerosol atmosferico. Partecipa attivamente a conferenze e dibattiti sui cambiamenti climatici e la sostenibilità ambientale; ha fondato l’Italian Aerosol Society (IAS).

Lo abbiamo incontrato questa estate a Bologna dove ci ha concesso gentilmente questa intervista.

Professore può spiegarci la differenza tra meteorologia e climatologia?
«La meteorologia ci parla del tempo meteorologico presente, ci dice “che tempo fa” al momento (soleggiato, coperto, caldo, freddo, umido, secco) e propone previsioni per i giorni successivi. La climatologia (un tempo la disciplina si chiamava “climatologia e statistica”) tratta statisticamente i dati meteorologici registrati e archiviati e li ordina su base territoriale/spaziale (si parla di clima locale, di località di costa, di valle, di montagna, di una regione, di un continente, dell’intero pianeta) e temporale (si parla di clima mensile, stagionale, annuale, decennale, e sulla base di migliaia, centinaia di migliaia e milioni di anni). In climatologia si usa confrontare i dati meteo attuali con quelli medi di un intero trentennio precedente, ad esempio il trentennio 1960-1990.»

Alcuni scienziati sostengono la teoria del riscaldamento globale di natura antropica. Tuttavia molte delle loro stime, riprese dall’IPCC, non si sono mai avverate. Secondo lei perché?
«Per rispondere a questa domanda bisogna premettere che il clima del pianeta è sempre cambiato, anche prima della comparsa dell’uomo, per ragioni astronomiche (variazione della distanza Terra-Sole, inclinazione dell’asse terrestre sul piano dell’eclittica, effetto combinato degli altri pianeti) e ragioni astrofisiche (variabilità del Sole come sorgente di radiazione elettromagnetica, flares, facule). A queste due cause si aggiunge il ruolo dell’atmosfera terrestre, che varia in composizione delle sue componenti gassose, delle particelle sospese e della copertura nuvolosa.
«Da poco tempo (dall’inizio dell’Ottocento) a queste cause naturali di variabilità del clima si è aggiunta l’attività dell’uomo “industriale”. L’
IPCC tende a “suggerire” (ma non lo dichiara perentoriamente, ben cautelandosi con opportuni “caveat”) che l’uomo sia la causa unica ed esclusiva dei cambiamenti.
Ma non è così. In realtà la conoscenza del sistema clima, sistema assai complesso, è ben lontana all’essere conseguita con quel grado di sicurezza che consenta di fare tale affermazione perentoria e che consenta inoltre di prevedere i futuri andamenti.
«Quelli prodotti dall’
IPCC sono quindi solo scenari che risultano dai modelli impiegati, ancora troppo rozzi ed inadeguati. Troppi aspetti cruciali sono ignorati o male rappresentati nei loro modelli, primo fra tutti le nubi, le precipitazioni, le particelle sospese, ma anche il degassamento della crosta terrestre, gli scambi oceano-atmosfera e vegetazione atmosfera, il flusso di calore dall’interno della terra, il ruolo dei vulcani, per citarne solo alcuni.
«In conclusione l’attività dell’uomo industriale ha certamente un effetto sul clima, principalmente per l’immissione di gas e particelle in atmosfera e nell’ambiente ed, indirettamente, sulla formazione delle nubi, ma la quantificazione di questo effetto, in rapporto alle cause naturali sopra citate è ben lontana dall’essere raggiunta.
»

Alcuni suoi colleghi, come il prof.Zichichi e il prof.Scafetta sostengono che il motore del clima è il Sole e che l’equazione del clima non è ancora del tutto conosciuta. È d’accordo?
«Farei una distinzione fra la posizione di colleghi che si occupano di meteorologia, clima e fisica dell’atmosfera con competenza internazionalmente riconosciuta da quella di altri fisici, pur autorevolissimi nel loro campo di ricerca, ma che non sono attivi in questi difficilissimi settori.
Inoltre correggerei la sua domanda là dove parla di “equazione del clima”, che non esiste. La base fisica del sistema clima è nel bilancio fra due flussi fotonici, fotoni solari in arrivo e fotoni terrestri in uscita verso lo spazio esterno. Il collega Scafetta ed io arriviamo alla stessa conclusione di inadeguatezza della conoscenza del sistema clima, partendo da competenze scientifiche solide ma diverse: sull’attività solare nel caso di Scafetta, sulla fisica delle nubi nel caso mio. Molti altri scienziati nel mondo arrivano alle nostre conclusioni partendo dalle rispettive competenze nelle rispettive discipline afferenti al clima.»

Ci dicono che la Terra, dopo il 1850, ha cominciato a riscaldarsi per effetto dell’immissione in atmosfera di sempre maggiori quantità di anidride carbonica frutto dell’utilizzo di combustibili fossili.
Tuttavia è anche vero che è a partire dal 1700 circa che il pianeta ha cominciato a scaldarsi, per poi uscire dalla piccola èra glaciale (PEG). Cosa ha causato il riscaldamento per i 300 anni compresi fra il 1700 e la fine del 1900? È possibile che stiamo vivendo ancora l’uscita dalla PEG?

«A questa domanda ho implicitamente risposto nella seconda. L’umanità a partire diciamo dai primi dell’800 (macchina a vapore di Watts è del 1795) è uscita dal ciclo naturale (metabolismo dell’homo sapiens come quello di un vitellino o di un cervo) per l’uso crescente di combustibili fossili e conseguente aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera.
«Ma l’effetto di questa uscita dal ciclo naturale sul clima non è distinguibile da quello dovuto alle cause naturali, né quantificabile. Prova ne è il fatto che anche i modelli numerici più avanzati, quando inizializzati con le condizioni del passato (ad esempio quelle dell’inizio del novecento) non riescono a riprodurre gli andamenti registrati nel clima del pianeta durante quel secolo nei decenni successivi.
»

Le rilevazioni delle temperature da parte dei satelliti sembra contraddicano quelle superficiali. Si tratta forse del fenomeno delle isole di calore che circondano le stazioni meteorologiche?
«Anche qui devo correggere la sua domanda, su come è formulata, a rischio di passare per pignolo. La “temperatura” di che? Dell’aria a due metri dal suolo, come misurata dal termometro entro la capannina meteorologica?. Le stime di temperatura da sensori su satellite non possono essere direttamente confrontate con le misure della rete mondiale di stazioni meteorologiche. Non è questione di isole di calore delle grandi città o meno, ma di risoluzione spaziale e precisione delle rilevazioni satellitari.»

È vero che la Terra durante la sua storia ha vissuto ère in cui le concentrazioni dell’anidride carbonica nell’atmosfera erano molto maggiori di quelle attuali? Com’è possibile che l’anidride carbonica, gas serra molto meno importante del vapore acqueo, possa influenzare il clima in modo così determinante come dicono?
«Sì, la Terra ha vissuto ère in cui le concentrazioni di CO2 in atmosfera erano molto maggiori di quelle attuali. Alcuni scienziati di paleo-clima sostengono che gli aumenti di temperatura nel passato hanno preceduto piuttosto che seguito gli aumenti di CO2 . Bisogna tenere presente inoltre che andando a ritroso nel tempo abbiamo misure globali con strumenti solo fino all’inizio dell’ottocento. Più in là nel tempo abbiamo solo indizi, detti “proxy data”: sedimenti lacustri e marini, anelli degli alberi, carotaggio di nevai e ghiacciai etc.»

Che importanza hanno i fenomeni oceanici per il clima?
«L’oceano è un elefante, l’atmosfera una gracile gazzella. Solo i primi cento metri di profondità degli oceani sono rilevanti direttamente per il sistema clima, ma la miscelazione completa delle acque oceaniche attraverso le grandi correnti richiede tempi dell’ordine delle migliaia di anni.»

Che importanza ha l’attività solare e i moti dei pianeti tutti? Se non ho mal compreso, secondo il prof. Scafetta sono i fattori determinanti. Lei cosa pensa in proposito?
«Ho risposto rispondendo alla terza. I moti dei pianeti sono all’origine delle citate cause astronomiche (teoria di Milankovich). Il Sole è la vera sorgente di energia per il sistema. L’arrivo dell’uomo industriale è recentissimo nella storia del pianeta, ed il periodo della sua influenza un battito di ciglia nella vicenda complessiva.
»

Nel campo degli studi sui fenomeni atmosferici quali le nuvole c’è ancora molto da apprendere. Vero?
«Anche qui mi permetto di correggere la formulazione della domanda.
Di nuvole parlano i poeti. Gli scienziati parlano di nubi. Dal 1937 ad ora la fisica delle nubi ha fatto incessanti e straordinari progressi, e insieme alla radarmeteorologia ed al nowcasting ha cambiato la nostra vita, anche se la consapevolezza di questo tarda a farsi strada tra le gente comune (ma questo fatto richiederebbe un’intervista ad hoc). Ma la parametrizzazione di queste acquisite conoscenze sulle nubi entro i modelli di clima è tutt’altra storia. Sarà necessario ben altro tempo e ben altri sforzi, sempre che un osservatorio della terra dalla luna non accorci questa attesa rendendo superflui i modelli attuali così complessi e così inadeguati.
»

Ultima domanda: Se e quando ci sarà la prossima glaciazione.
«Non lo so e temo non lo sappia veramente nessuno. I paleo-climatologi hanno dei sospetti su questo punto. Sentiamo loro.»

 

 

 

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