Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 13 Ottobre 2021
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=55826

Si avvicina la data fatidica. Il 9 novembre 2021 si aprirà a Glasgow la ventiseiesima Conferenza delle Parti, organizzata dall’ONU, più brevemente COP 26.

Questa conferenza doveva svolgersi lo scorso anno, ma le vicende legate alla pandemia da SARS-Covid-19, hanno fatto slittare tutto di un anno. Sono anni che seguo le vicende di questi summit mondiali che cercano disperatamente di fare l’impossibile: regolare il clima terrestre. E, ogni volta, sembra che ci si trovi di fronte all’ultima occasione per salvare il mondo. Nella stragrande maggioranza dei casi le kermesse organizzate dall’ONU, si sono concluse con un nulla di fatto o con accordi “storici”, ma privi di contenuti reali.

Ogni volta le speranze degli organizzatori e delle associazioni ambientaliste, caritatevoli ed attive nella difesa dei diritti umani, si sono infrante sulle scogliere finanziarie: mancavano i soldi da trasferire ai Paesi in via di sviluppo, per contrastare gli impatti negativi connessi alle politiche di riduzione delle emissioni. Ad oggi solo 60 dei 100 miliardi di dollari annui, promessi a gran voce nelle scorse COP, sono stati raccattati dai Paesi sviluppati o ricchi che dir si voglia.

Perché, alla fin dei conti, tutto ruota intorno a questo semplice punto: bisogna mettere mano al portafogli ed è difficile. Fino ad ora molti Paesi che a parole si sono dichiarati a favore degli “impegni ambiziosi”, hanno nicchiato, riguardo al mantenimento degli impegni finanziari: hanno predicato bene e razzolato male. Da un mese a questa parte sto seguendo i vari incontri preparatori della COP 26 ed ho notato un crescendo di drammatizzazione della situazione che fa impallidire quello del Bolero di Ravel.

Il 20 settembre scorso, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si sono tenuti diversi incontri sul tema degli impegni da assumere in occasione della COP 26, ma non si è andati oltre le solite stucchevoli dichiarazioni d’intenti.

Il problema più grande da affrontare è quello di convincere la Cina, il primo emettitore mondiale di diossido di carbonio in valore assoluto ed il secondo pro capite, ad aumentare le ambizioni e anticipare al 2050 la data entro la quale raggiungere la neutralità delle emissioni. Pechino ha già fatto sapere che prima del 2060 non è possibile raggiungere l’obiettivo della neutralità ed il picco delle emissioni sarà raggiunto entro il 2030 e non entro il 2025, come richiedono a gran voce le principali ONG. Una tegola non da poco per tutti, in quanto ciò renderebbe assolutamente impossibile limitare ad 1,5°C l’aumento della temperatura globale, rispetto all’epoca pre-industriale. In questa occasione il Segretario Generale dell’ONU A. Guterres ha paventato il fallimento della COP 26 e, stando alle premesse, i suoi timori sono del tutto fondati.

A fine settembre in occasione della convention “Youth4Climate: Driving Ambition” Greta Thunberg, oltre a fustigare come suo solito, i politici di mezzo mondo che, grati della punizione inferta loro dalla pulzella svedese, ne hanno tessuto le lodi, manco fosse la depositaria della sapienza del mondo, ha definito con un’efficace onomatopeia, l’azione dei potenti della Terra un inutile “bla, bla, bla”.

Anche l’attesa pre-COP 26 tenutasi in questi giorni a Milano, non ha prodotto grandi risultati, tanto che il Ministro Cingolani, con la schiettezza che lo contraddistingue, non ha esitato a dire che

sulla finanza siamo assolutamente in ritardo. I Paesi avanzati avrebbero dovuto portare 100 miliardi di supporto ai Paesi vulnerabili, credo che non si sia andati oltre i 60 sinora.

Oddio, noi europei non è che possiamo fare più di tanto e sembra che se ne sia accorta anche la Presidente della Commissione Europea U. von der Leyen che ha concluso dicendo che

La Cop26 di Glasgow sarà un momento della verità per la comunità mondiale. Biden ha già promesso di raddoppiare i contributi Usa per i Paesi in via di Sviluppo. L’UE continuerà ad essere impegnata con il più alto livello di ambizione: l’UE resta il più grande donatore in fatto di cambiamento climatico.

A questo punto appare evidente che il cerino passa nelle mani di USA, Cina, Russia e gli altri Paesi in via di sviluppo.

Personalmente sono molto curioso di vedere cosa faranno gli USA di Biden. Fino ad ora la posizione degli Stati Uniti è stata sempre quella della “politica delle mani libere”: prendiamo tutti gli impegni che volete, a patto che non siano vincolanti per noi. Per ora gli unici ad assumere impegni vincolanti siamo stati noi europei e le conseguenze le stiamo già provando sulla nostra pelle. Gli altri si sono solo impegnati, ma passi concreti non ne hanno fatti. Tanto per restare agli Stati Uniti, essi hanno aumentato a dismisura la produzione di gas e petrolio da scisto, tanto da divenire esportatori di gas naturale liquefatto. Se non mi sbaglio si tratta di combustibili fossili e, anche in questo caso, bisogna convenire che si predica bene e si razzola male.

La Russia è uno dei principali produttori di gas e di petrolio e oltre i due terzi delle sue esportazioni sono costituite dai combustibili fossili e dall’acciaio. Impegnarsi nella riduzione della loro produzione, per limitare le emissioni, equivale al classico caso del tacchino che festeggia il Natale. Difatti Putin ha a lungo parlato di riduzione delle emissioni e di impegni concreti da assumere a breve, ma alla fine sembra che abbia ripiegato sulla taiga siberiana: probabilmente a Glasgow metterà sulla bilancia il peso delle sconfinate foreste russe, quali serbatoi di carbonio in grado di compensare le emissioni del suo Paese che, ricordiamolo bene, è il quarto emettitore mondiale di CO2, dopo Cina, USA e UE.

E veniamo ora alla Cina. Abbiamo già visto che gli obiettivi cinesi sono diversi da quelli sperati dall’ONU. Ad essere sinceri i cinesi ci stanno provando a ridurre le emissioni: hanno cercato di accaparrarsi la maggior quantità possibile di gas naturale, ma il fabbisogno energetico è tale che non ce la faranno a soddisfarlo con combustibili caratterizzati da minori emissioni di anidride carbonica. Negli ultimi giorni, infatti, il governo cinese ha disposto che le miniere di carbone lavorino a pieno regime, per produrre le quantità di carbone necessarie a riscaldare i propri cittadini durante il prossimo inverno. Stando alle proiezioni, però, non sembra che ci riusciranno, per cui, quasi sicuramente, faranno ricorso al mercato internazionale. Nel frattempo, il loro forsennato acquisto di gas naturale sul mercato internazionale, ha determinato, tra l’altro, il cataclisma dell’aumento spropositato delle bollette (gas ed energia elettrica) che ha costretto il nostro governo ad intervenire pesantemente, per ridurre l’impatto di tali aumenti sulla ripresa appena avviata.

Come si potrà chiedere alla Cina di ridurre le sue emissioni? Può un governo lasciare al freddo i suoi cittadini perché glielo chiedono potenze con cui è in conflitto sul palcoscenico geopolitico globale? Io credo che alla COP 26 assisteremo all’ennesimo braccio di ferro che vedrà vittorioso il dragone, come si verifica da decenni.

A complicare maggiormente una situazione già di per sé difficile, ci sono state le mosse avventate del governo inglese che ha ridotto gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Ciò metterà il Paese ospite della COP 26 in una posizione di manifesta inferiorità: con quale coraggio potrà chiedere alle altre Parti di aumentare i propri impegni finanziari, mentre riduce i suoi? Se lo chiedono in molti e la domanda mi sembra estremamente pertinente.

Come si vede il percorso della COP 26 nasce in salita e, quindi, la possibilità di un suo fallimento non è affatto improbabile. Dopo di che non ci resta che sperare che il 97% degli scienziati si sbagli e la restante parte abbia ragione. Se non fosse così, che Dio ci aiuti.

Fonti

https://www.theguardian.com/environment/2021/sep/10/uk-china-climate-talks-break-impasse-cop26

https://www.rinnovabili.it/ambiente/politiche-ambientali/cop26-di-glasgow-russia/

https://www.rinnovabili.it/energia/politiche-energetiche/carbone-cina-aumenta-produzione/

https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/istituzioni/2021/10/07/cop26-von-der-leyen-e-momento-verita-per-comunita-globale_fe6f8c6a-c10e-420f-9cea-3cfcf67a7b9a.html