Autore: Donato Barone
Data di pubblicazione: 27 Luglio 2016
Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=41884

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In una letter pubblicata nel 2015 su Nature:

Ocean impact on decadal Atlantic climate variability revealed by sea-level observations
di Gerard D. McCarthy, Ivan D. Haigh, Joel J.-M. Hirschi, Jeremy P. Grist & David A. Smeed (da ora in avanti McCarthy et al., 2015) si mette in evidenza un legame molto interessante tra AMO, NAO e livello del mare lungo la costa orientale degli Stati Uniti d’America. Ricordo a me stesso che AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation) è un indice climatico che fu definito intorno alla metà degli anni ’90 del secolo scorso applicando l’analisi singolare di spettro a quattro serie storiche delle temperature superficiali dell’Oceano Atlantico tra l’Equatore ed il Polo Nord ed ha un andamento caratterizzato da un ciclo di circa sessanta anni (Schlesinger e Ramankutty, 1994). La NAO (North Atlantic Oscillation) è invece un indice di circolazione atmosferica che tiene conto della differenza di pressione atmosferica tra l’Islanda e le Azzorre ed ha un ciclo piuttosto irregolare e poco prevedibile.

Nel corso degli anni non sono stato sempre meravigliato dal differente comportamento del livello del mare lungo la costa est degli USA. I mareografi a nord di capo Hatteras nel corso degli anni hanno fatto registrare una variazione del trend di aumento del livello del mare nulla o addirittura negativa, quelli a sud di capo Hatteras, invece, hanno visto notevolmente aumentare il trend di variazione del livello del mare.

Nel dicembre del 2012, qui su CM, commentando un articolo di A. H. Sallenger e colleghi misi in evidenza che esistevano degli hot-spot in cui il livello del mare aumentava più rapidamente del previsto. Nello stesso articolo confrontavo i risultati di Sallenger con quelli di A. Parker che erano completamente diversi da quelli di Sallenger. Parker attribuiva, in particolare, l’aumento del trend di variazione del livello del mare ad errori metodologici di Sallenger nell’analisi statistica ed al fatto che il livello del mare era correlato ad AMO per cui le variazioni nel trend di aumento del livello del mare potevano essere attribuite alle oscillazioni di questa grandezza. Nelle conclusioni del mio commento, presi posizione a favore di Sallenger e contro Parker. Oggi alla luce di quest’ultima pubblicazione mi devo ricredere e, quindi, considerare fondate molte delle obiezioni di Parker.

Altrettanto fondate appaiono le considerazioni svolte da N. Scafetta e che cercai di riassumere, qui su CM, nell’aprile del 2013. N. Scafetta aveva trovato, sulla base di sofisticate analisi statistiche, un legame tra AMO, PDO e livello del mare che rendeva probabile che le variazioni nel trend di aumento del livello del mare fossero da attribuire a cause naturali. Tanto Parker che Scafetta ritenevano, seppur da posizioni diverse, che una delle cause che rendevano imprecise le conclusioni di Sallenger et al., 2012 era la lunghezza ridotta delle serie di dati utilizzate in questo studio che non consentivano di individuare il periodo di circa 60 anni che caratterizza l’AMO e la PDO.

Procediamo, però, con ordine. Se consideriamo la costa orientale degli USA tra Miami in Florida e Portland nel Maine, Capo Hatteras si trova grossomodo al centro. Capo Hatteras si trova al limite di due grandi strutture circolatorie oceaniche. McCarthy et al., 2015 collocano Capo Hatteras al limite tra due grandi vortici oceanici: quello sub tropicale a sud del Capo Hatteras e quello sub polare a nord del capo. La variazione del livello del mare è frutto, tra l’altro, del contenuto di calore dell’oceano in quanto maggior contenuto di calore determina aumento del livello del mare mentre un minor contenuto di calore determina una diminuzione del livello del mare. In questa ottica appare chiaro come a sud di Capo Hatteras si accumulino acque caratterizzate da una maggiore temperatura (acque calde convogliate da uno dei rami della Corrente del Golfo) mentre a nord di capo Hatteras troviamo acque più fredde convogliate dal vortice oceanico sub polare. E’ appena il caso di sottolineare che questi vortici sono il frutto dell’interazione delle forze di Coriolis sulle correnti oceaniche, ma qui mi fermo altrimenti il discorso ci porta lontano dall’argomento di cui stiamo discutendo.

Proseguendo nel ragionamento appena iniziato appare chiaro che un aumento del rateo di variazione del livello del mare registrato dai mareografi a sud di Capo Hatteras è indice di un aumento delle temperature dell’acqua del mare, mentre una diminuzione del rateo di aumento del livello del mare a nord di Capo Hatteras è indice di una diminuzione delle temperature dell’oceano. L’AMO è determinata dalla variazione delle temperature superficiali dell’Oceano Atlantico ed in particolare dalle temperature della parte settentrionale dell’Atlantico. In altri termini l’AMO passa in fase positiva quando aumenta la temperatura della superficie dell’oceano a nord di Capo Hatteras, quando, cioè, il vortice meridionale si sposta verso nord, viceversa quando esso torna nella sua sede naturale.

A questo punto appare chiaro che se si individua un indice che tenga conto delle variazioni del trend di aumento del livello del mare tra il nord ed il sud di Capo Hatteras, siamo riusciti a determinare un dato di prossimità dell’AMO. La cosa è estremamente interessante in quanto consente di superare una delle principali problematiche connesse allo studio dell’andamento storico dell’AMO. Le serie storiche di questo indice sono, infatti, piuttosto corte e non consentono di porre in relazione le oscillazioni climatiche con le variazioni di temperatura della superficie dell’oceano. D’altro canto le serie di misure del livello del mare fornite dai mareografi a nord ed a sud di Capo Hatteras sono molto più lunghe e, opportunamente private della tendenza di lungo periodo, riescono a fornirci utilissime informazioni circa le oscillazioni storiche di AMO.

Appurato che il verso della circolazione oceanica è catturato dalla variazione dell’indice del livello del mare tra i mareografi a sud e quelli a nord di capo Hatteras, McCarhty et al., 2015 hanno cercato di vedere come è variata la circolazione oceanica nel corso del tempo e, mediante un modello matematico basato sulla differenza delle variazione del livello del mare a sud ed a nord di Capo Hatteras, hanno cercato di calcolare i flussi di calore tra l’oceano tropicale e quello sub polare. I risultati ottenuti sono piuttosto interessanti in quanto hanno messo in evidenza che nel corso degli anni settanta ed ottanta del 20° secolo, il flusso di calore verso l’Oceano Atlantico sub polare fu molto limitato per cui le acque intorno alla Groenlandia si raffreddarono parecchio, Viceversa nel corso degli anni novanta del ventesimo secolo il modello basato sull’indice di circolazione, desunto dalle variazioni del livello del mare tra nord e sud di Capo Hatteras, ha consentito di calcolare un flusso di calore molto intenso con conseguente aumento delle temperature del mare nelle aree sub polari. Sarà un caso, ma gli anni settanta ed ottanta del secolo scorso furono mediamente anni freddi, viceversa gli anni novanta del secolo scorso ed i primi di questo secolo sono stati anni più caldi della media.

McCarthy et al., 2015 hanno individuato, inoltre, anche una correlazione tra NAO e variazione dell’indice di circolazione basato sulla differenza tra il livello del mare a sud ed a nord di Capo Hatteras per cui essi concludono che le variazioni di pressione atmosferica, le variazioni dei flussi di calore tra Oceano Atlantico tropicale e polare e le variazioni del livello del mare sono strettamente collegati e si influenzano a vicenda. In particolare variazioni del livello del mare potrebbero influenzare i flussi di calore tra nord e sud e, di conseguenza, la circolazione atmosferica attraverso una variazione della distribuzione delle masse atmosferiche. Il meccanismo indagato dagli autori fa intravedere una serie di meccanismi di autoregolazione. La variazione della distribuzione delle masse atmosferiche registrata dall’indice NAO potrebbe influenzare le correnti oceaniche e, quindi, una variazione del trend di aumento del livello del mare. Viceversa un aumento del flusso di calore verso le aree polari, potrebbe influenzare la fusione dei ghiacciai groenlandesi che potrebbe determinare, a sua volta, una variazione del livello del mare con il conseguente rallentamento dei flussi di calore sud-nord.

Un meccanismo molto complesso, ma estremamente affascinante che riesce a spiegare una buona parte della variabilità naturale del clima terrestre e che non coinvolge gli esseri umani. Essi sono, pertanto, assolti? Non proprio, ma il loro ruolo ne esce piuttosto ridimensionato.

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