Autore: Massimo Lupicino
Data di pubblicazione: 01 Giugno 2021
Fonte originale:  http://www.climatemonitor.it/?p=55096

Recentemente su qualche giornalone è percolata qualche gocciolina di una notizia che meriterebbe ben altro rilievo. Ebbene, a più di un anno dall’inizio dell’epidemia di Covid si comincia timidamente ad ammettere che forse quel virus è davvero sfuggito al controllo del laboratorio di virologia di Wuhan, primo epicentro dell’epidemia.

Niente di sorprendente, si penserà. Il famigerato mercato di animali vivi a cui frettolosamente si era attribuita l’origine “naturale” dell’epidemia, era infatti distante soltanto qualche centinaio di metri dal laboratorio in cui da molti anni si portavano avanti ricerche sui coronavirus dei pipistrelli, tra cui anche il famigerato “gain-of-function”: ovvero la creazione di coronavirus-chimera modificati allo scopo di renderli più aggressivi e trasmissibili. Credere in una straordinaria coincidenza geografica richiedeva già di per sé un atto di fede non da poco.

Linciaggi

Eppure, fino a pochi mesi fa, chiunque abbia osato attribuire una origine artificiale al Covid19 è stato linciato con una frettolosità e una ferocia a dir poco sospette. Giusto per citare qualche esempio:

  • Il blog di finanza Zerohedge che osò sollevare per primo il sospetto di un coinvolgimento di ricercatori cinesi fu bannato istantaneamente da Twitter, e poi riammesso con (poche) scuse.
  • Il servizio mandato in onda da TGLeonardo nel 2015, che parlava proprio delle controverse ricerche cinesi sui coronavirus-chimera, riesumato in occasione dell’epidemia, fu frettolosamente archiviato da virologi e giornaloni come “fake news”. Con la giustificazione ridicola che il servizio si riferiva a fatti avvenuti “anni prima”. E accantonando così la vera domanda da fare: ovvero se il Covid potesse essere stato creato in seguito, proprio nel contesto di quelle già criticatissime ricerche.

Ma il caso più eclatante è stato sicuramente quello di Luc Montagnier, il premio Nobel per la Medicina che in una intervista esplosiva aveva espresso la certezza che il virus fosse stato effettivamente creato in laboratorio, all’interno di un programma di ricerca mirato a ingegnerizzare il virus per sviluppare un vaccino contro l’AIDS.

Montagnier fu istantaneamente linciato, deriso, coperto di insulti e degradato da premio Nobel al rango di pseudo-scienziato incompetente e cospiratore. In modo assolutamente analogo a quanto accade già da molti anni in fatto di Climate Change, ecco quindi comparire le famigerate lettere aperte: i comitati di “migliaia di scienziati” tutti uniti nel puntare il dito contro il fu-premio-Nobel tacciato di diffondere fake news.

È il nuovo (o meglio, assai vecchio) concetto di scienza “un tanto al chilo”, per cui l’opinione di tanti deve per forza valere di più di quella del singolo scienziato contro-corrente, anche quando questi è un luminare, o era considerato tale prima di assumere posizioni sconvenienti. Luc Montagnier come Harold Lewis, o John Christy, giusto per continuare nei parallelismi con il Global Warming.

Cambio di rotta

Certo fa uno strano effetto leggere oggi quelle invettive dei giornaloni, quelle “sicurezze scientifiche” allora spiattellate come inappellabili e incontrovertibili sulla “origine naturale del Covid”. Per non dire delle spericolate quanto infantili elaborazioni per cui il Covid era una “vendetta della Natura” contro l’uomo cattivo e predatore, se non direttamente una conseguenza del Global Warming.

L’origine naturale del virus era un puro e semplice dato di fatto, un assioma. Scienza consolidata, per usare l’ossimoro in voga ormai da anni nell’ambito della “scienza del clima”.

Ne è passato di tempo dall’inizio dell’epidemia. Ma soprattutto dalla fine della campagna elettorale americana. E forse questo ha contribuito a rendere più scientifica e meno politica la discussione sulle cause della diffusione del morbo.

Si scopre, per esempio:

  • Che un vaccino anti-Covid sviluppato in Australia viene abbandonato perché mima talmente bene il virus dell’AIDS da ingannare i test per l’HIV (cosa ne pensano i “10,000 contro Montagnier”?)
  • Che i militari cinesi pare pianificassero da tempo di trasformare i coronavirus in armi biologiche per “portare al collasso il sistema sanitario del nemico”.
  • Che a seguito di almeno 80,000 test su specie animali, non si è riuscito a trovare un coronavirus con caratteristiche simili al Covid19. E che quindi ad oggi non esiste uno straccio di prova che il Covid provenga dal regno animale.

Il caso Fauci

Si scopre anche che Antony Fauci (eletto dall’inizio dell’epidemia ad idolo scientifico della lotta contro il Covid), in qualità di responsabile dell’Istituto Nazionale di Sanità americano, aveva autorizzato finanziamenti al famigerato laboratorio di Wuhan servendosi della ONG “EcoHealth Alliance”, appena 4 mesi prima che Obama interrompesse i finanziamenti federali alle ricerche sul gain-of-function dei coronavirus.

Mossa, quella di Fauci, che qualcuno ha interpretato come una manovra per permettere che gli studi sul gain-of-function dei coronavirus proseguissero comunque, al di fuori dal suolo americano.

Pressato dal senatore americano Rand Paul, Fauci ha ammesso i finanziamenti ma negato  il suo coinvolgimento negli studi di manipolazione genetica del virus portati avanti dai cinesi. Fatto sta, da paladino della “origine naturale” del virus, Fauci ha frettolosamente corretto la sua posizione ammettendo (adesso) di “non essere convinto” dell’origine naturale del virus. Fulminato sulla via di Damasco, letteralmente.

Un riposizionamento generale

Il riposizionamento, in realtà, riguarda tanti degli attori che fino a 6 mesi fa gridavano a media unificati della “origine naturale” del virus.

Ad esempio, la CNN (incredibile a dirsi) ha segnalato che l’inchiesta sulla eventuale fuga del Covid dal laboratorio di Wuhan (avviata dall’Amministrazione precedente) era stata bloccata dal Presidente Biden per “cattiva qualità delle prove”. In tutta risposta il Presidente in carica ha ordinato un nuovo Report delle agenzie di intelligence per scrollarsi di dosso i sospetti di insabbiamento e rimediare ad un possibile grave danno di immagine.

Ma il caso più singolare e più grottesco riguarda i cosiddetti “Fact Checkers”: i guardiani dell’ortodossia del mainstream come Politifacts che dopo aver bollato come “teoria cospirazionista” l’origine artificiale del virus, hanno appena emesso una umiliante rettifica, testualmente:

“Quando questo fact check è stato pubblicato nel Settembre 2020, le fonti di Politifacts comprendevano ricercatori che sostenevano che il virus non potesse essere manipolato. Questa asserzione adesso è oggetto di una discussione molto più ampia”

E a proposito dei “ricercatori”…

Chissà se il team di cervelloni di Politifact includeva anche gente come Peter Daszak, lo scienziato a capo della citata ONG “EcoHealth Alliance” beneficiaria delle sovvenzioni di Fauci destinate al laboratorio biologico di Wuhan.

Lo stesso Daszak che scriveva editoriali di fuoco sul Guardian (e dove altro?) per difendere “l’origine naturale” del virus.

Lo stesso Daszak che dietro le quinte si adoperava per pubblicare una “lettera aperta di 27 eminenti scienziati” sulla rivista scientifica The Lancet per accusare di “cospirazionismo” chi sosteneva l’origine artificiale del virus. Circostanza che ci fa intuire che tipo di operazioni e di interessi si celino, dietro la pubblicazione di certe “lettere aperte” e annesse “raccolte di firme” di “eminenti scienziati“.

Lo stesso Daszak che nonostante un conflitto di interessi noto, e gigantesco, fu incredibilmente invitato dall’OMS ad unirsi alla delegazione di esperti incaricata di indagare sull’origine del virus.

Paralleli

Per chi segue da tanti anni le miserie dell’informazione in fatto di “Scienza del Clima” i paralleli con la storia appena raccontata sulle origini del Covid sono davvero innumerevoli: dalla pretesa che una teoria sia “consolidata” fin dalla nascita, ai “fact-checkers” usati come clava con cui percuotere gli scienziati non allineati, dai “comitati dei millemila scienziati” che armati di tastiera diramano scomuniche contro i dissidenti, alle teorie che diventano dogmi semplicemente perché i media (o qualcuno per loro) hanno deciso così.

E poi quell’impressione sgradevolissima di un sottobosco impenetrabile (perché ben protetto dagli stessi media), in cui si muovono scienziati che sembrano avere molta più consuetudine con i giornalisti, e con agende politiche ed economiche, piuttosto che con la ricerca scientifica.

Verrà il giorno

Non c’è dubbio che anche per la “Scienza del Clima” verrà il giorno in cui si tornerà a discutere, a investigare, a contestare i dogmi e a divulgare di conseguenza. Il giorno in cui si tornerà a “fare Scienza” per davvero.

E non c’è dubbio che come Fauci e come Politifact, anche gli attuali sacerdoti del paganissimo culto del Global Warming correranno più veloci di Usain Bolt a rettificare le loro posizioni secondo convenienza, a dichiarare ai quattro venti che la CO2 non fa poi tutto il male che si pensava, e a riscoprire il miracolo della fotosintesi clorofilliana.

Ché di sicuro erano stati fraintesi, perché non avevano mai detto… quello che avevano detto. E che comunque, chi sosteneva queste “nuove teorie” già da prima, lo faceva senza le conoscenze scientifiche che si sono maturate nel tempo, e quindi era e resta un ignorante, un poco di buono, un cospiratore.

Verrà quel giorno, ma verrà quando l’agenda economica che sottende al climaterrorismo imperante sarà ormai un treno in corsa inarrestabile. O quando il treno in questione si sarà già scagliato, a tutta velocità, nel burrone in cui conduce la ferrovia dei pazzi che sembra guidare le politiche economiche dei paesi occidentali.

Verrà quel giorno, ma per dirla alla Keynes, per quel giorno saremo già tutti morti. E le macerie di quel disastro ferroviario al rallentatore che è sotto gli occhi di chi vuol vedere, e che prende il nome di “Transizione Energetica”, le raccoglieranno tutte i nostri figli: i “gretini” di oggi.