Articolo del Prof. Daniele Mazza – Mercoledì 14 Agosto 2024
Collaboratore di Attività Solare
L’effetto serra è un fenomeno naturale che riscalda la superficie terrestre. A livello molecolare, questo fenomeno è principalmente dovuto all’interazione di molecole come l’acqua vapore (H2O-vap) e altri gas serra (come anidride carbonica, CO₂, metano CH4 e ossido di azoto N2O) con la radiazione infrarossa emessa dalla Terra. Infatti la Terra assorbe la radiazione solare (principalmente sotto forma di luce visibile) durante il giorno ma, per mantenere un equilibrio energetico, emette energia sotto forma di radiazione infrarossa (IR), che ha lunghezze d’onda più lunghe rispetto alla luce visibile, durante le 24 ore.
Le molecole di CO₂ e altri gas serra, hanno bande specifiche di assorbimento nell’infrarosso. Quando la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre colpisce queste molecole, l’energia della radiazione viene assorbita dai legami molecolari, facendo vibrare le molecole. Dopo l’assorbimento dell’energia infrarossa, le molecole non rimangono in uno stato eccitato per molto tempo. Esse riemettono l’energia assorbita, ma questa può essere emessa in qualsiasi direzione, quindi una parte di questa energia viene irradiata di nuovo verso la superficie terrestre, contribuendo a riscaldarla
ulteriormente, mentre un’altra parte viene emessa nello spazio.
In alternativa una molecola gassosa eccitata può diseccitarsi convertendo il suo surplus di energia in energia cinetica, quindi riscaldando il gas stesso.
In sintesi, possiamo approfondire questa spiegazione molecolare dell’effetto serra in tre parti:
1- meccanismi molecolari di assorbimento IR
2- influenza di questi meccanismi sulla dinamica radiativa terra-atmosfera nell’IR
3- confronto sommario tra H2O-vap-CO₂
1- meccanismi molecolari di assorbimento IR
In cosa consiste l’assorbimento molecolare ovvero perché una molecola assorbe energia radiante, sotto forma di quanti di radiazione?
Il panorama è diverso a seconda dell’energia di questi quanti (fotoni) che è direttamente proporzionale alla frequenza secondo la legge di Planck E = h·ν, dove ν è la frequenza in hertz e h è la costante di Planck.
Possiamo riassumere i tre casi principali:
1- l’energia del fotone è alta, la frequenza cade nell’UV, per cui può spezzare alcuni legami chimici, come il doppio legame O=O nella molecola O2. L’energia del quanto di radiazione può essere infatti pari o superiore a quella di alcuni legami chimici;
2- l’energia del fotone è media, diciamo visibile e vicino IR. Vengono eccitati moti vibrazionali all’interno della molecola, di modo che alcuni legami chimici oscillano attorno alle loro posizioni di equilibrio. Quindi alcune bande di frequenza vengono assorbite dalle molecole dei gas costituenti l’atmosfera, mentre altre attraversano inalterale l’atmosfera terrestre.
3- l’energia del fotone è bassa (lontano IR). Quindi la frequenza associata, più bassa, riesce a eccitare solo i moti rotazionali di tutta la molecola.
Esaminiamo ora meglio il caso (2), che interessa più da vicino l’effetto serra visto che la Terra emette nell’IR proprio in queste lunghezze d’onda.

Ciò si evince chiaramente dalla fig.1, in cui viene riportata l’emissività dal corpo nero a 6000K (sole) e 298K (15°C, temperatura media della Terra). La scala delle ascisse è da 0 a 5 μ a sinistra e da 0 a 40 μ a destra per evidenziare meglio i due fenomeni. Il crossover tra le due curve risulta a circa 3,8 μ. Le due curve rossa e blu non sono assolutamente in scala. Ritorneremo tra breve sull’emissività del sole e sull’interazione tra la radiazione solare incidente e l’atmosfera terrestre.
Ora ritorniamo al livello molecolare. Un legame chimico non è rigido e statico, ma può essere immaginato come una molla che unisce il centro delle due sferette: gli atomi. Se il legame è forte la molla
è corta e robusta, al contrario se il legame è debole. Come tutte le molle anche questa, se opportunamente sollecitata, vibra o se si preferisce oscilla, per cui questo modello si chiama “oscillatore armonico”. Un modo classico per eccitare, cioè mettere in oscillazione il sistema, consiste nell’illuminare il gas, e quindi le molecole che lo costituiscono, con un fascio di onde elettromagnetiche di
opportuna frequenza, pari cioè alla frequenza spontanea di oscillazione del nostro oscillatore armonico.
Le molecole apolari (O2, N2) non possedendo un dipolo elettrico non hanno frequenze di assorbimento nel visibile o nell’infrarosso, quindi gran parte dell’atmosfera non partecipa a questi fenomeni ed è perfettamente trasparente (salvo l’effetto di scattering Rayleigh per frequenze nell’UV). L’unica molecola caratterizzata da un dipolo permanente è l’acqua, infatti l’angolo di legame H-O-H risulta essere di 105° circa, ovvero la molecola non è lineare. Questo le permette di essere attiva non solo nell’IR ma anche nel visibile.
Infine la molecola della CO₂ è lineare e non presenta un dipolo elettrico complessivo in quanto i due dipoli elettrici dei legami C=O si annullano a vicenda, pur tuttavia opportuni modi vibrazionali possono generare dipoli elettrici temporanei e quindi essere attivi nell’ IR.

Nella fig.2 le frecce azzurre indicano i movimenti atomici mentre quelle rosse i dipoli elettrici risultanti. Utilizzando la terminologia inglese, per l’acqua dall’alto al basso si ha uno stretching simmetrico, un bending ed uno stretching asimmetrico. Per la CO₂ la situazione è simile ma lo stretching simmetrico (1) non fornisce variazioni di momento dipolare e quindi non è IR attivo.
In sostanza le molecole gassose H2O-vap-CO₂ possiedono relativamente pochi modi vibrazionali, ma questi si possono combinare con i moti rotazionali, molto più numerosi, generando quindi uno spettro di assorbimento/emissione caratterizzato da bande più ampie centrate attorno alle lunghezze d’onda di fig.2. Un confronto grafico (dati da spectralcalc.com) ci aiuta a valutare in maniera
comparata i vari effetti.

In fig.3 sono riportati gli assorbimenti dei principali 4 gas serra nell’atmosfera per concentrazioni (moli/litro) in rapporto unitario. I dati sono forniti dal celebre sito www.spectralcalc.com è sono a loro volta dedotti da database di assorbimenti IR molecolari di assoluto rigore (Hitran). Il grafico compendia per completezza assorbimenti nel vicino IR (1 – 4 μ) che non interessano in realtà l’emissione IR
terrestre. Quest’ultima è riportata per confronto in grigio. I due picchi a 4,2 e 4,4 μ (rosso, nero, in realtà fuori scala) sono dovuti allo stretching asimmetrico di CO₂ e N2O.
Già a concentrazioni paritarie si nota l’ampia presenza di assorbimenti IR di H2O vap, cosa ancor più manifesta in fig. 4, dove le concentrazioni dei 4 gas sono quelle presenti (mediamente) nell’atmosfera. La trasformazione dei dati per tener conto delle concentrazioni relative in atmosfera viene effettuata direttamente del sito spectralcalc.com e non dall’autore di questa breve nota.

Metano (CH4) e ossido d’azoto (N2O) sono graficamente scomparsi per via delle minuscole (rispetto a H2O, CO₂) concentrazioni, mentre la CO₂ viene ridimensionata fortemente. Il suo stretching asimmetrico a 4,26 μ è in realtà intenso ma cade in una zona di debole/debolissima emissività terrestre. Il suo bending simmetrico a 14,99 μ cade invece a pieno titolo nel range emissivo terrestre ma risulta intrinsecamente molto debole. Inoltre lo spettro IR di H2O-vap presenta numerosi assorbimenti roto-vibrazionali da 19 fino a 40 μ tutt’altro che trascurabili. Ciò è dovuto alla natura dipolare della molecola dell’acqua, a differenza di quella dell’anidride carbonica che non lo è (essendo lineare). Si noti come il bending asimmetrico (6,27 μ) dell’acqua sia molto ampio (molto più dei picchi della CO₂)
per via dei numerosi assorbimenti roto-vibrazionali sempre associati alla natura dipolare della molecola.
Bisogna inoltre sottolineare che, come si evince dalle figure, esiste un intervallo di lunghezza d’onda, approssimativamente tra 8 e 14 μ, che non viene assorbito da nessuna delle principali molecole dell’atmosfera (a eccezione dell’ozono, che è presente in tracce). Questa porzione di radiazione (tra 8 e 14 μ) attraversa indenne l’atmosfera e trasporta con sé più di un terzo (circa il 37%) del flusso
energetico uscente. Questa porzione energetica, se non viene intercettata dalla copertura nuvolosa, rappresenta un’importante via di uscita ‘prioritaria’ per il raffreddamento terrestre.
Solo le nubi e gli aerosol assorbono e in parte disperdono quelle lunghezze d’onda. Gli aerosol hanno particelle dell’ordine dei micron e per essi si applica l’emissione di radiazione secondo la legge di Planck. Ma se il cielo è sereno la radiazione nella finestra 8-14 μm raggiunge direttamente lo spazio esterno senza essere intercettata delle nubi ed essere in parte retro-riflessa verso la superficie.
Di questo effetto ci si accorge al mattino di una notte nuvolosa, quando la temperatura è maggiore dello stesso mattino dopo una notte serena.

Completiamo il panorama degli assorbimenti molecolari-atmosferici esaminando l’input energetico della nostra stella più vicina, ovvero il sole. Come sappiamo 1368 watt/m2 vengono forniti dal sole, ma una parte non giunge a noi e riscalda l’atmosfera del pianeta per assorbimento IR (vicino IR). Ancora una volta i dati forniti sono elaborati da spectralcalc.com; nella fig.5 abbaimo concentrazioni paritarie e in fig.6 concentrazioni nei rapporti reali dei 4 principali gas serra. Mentre in fig.5 si nota in sottofondo un leggero assorbimento di CO₂ e CH4, se le concentrazioni sono reali (fig.6) essi graficamente scompaiono e si nota solamente la presenza delle bande di H2O-vap.

Quindi H2O-vap è attivo sia nei confronti della radiazione incidente dal sole che in quella riemessa dalla terra. Stranamente pochissimi testi di climatologia enfatizzano questo aspetto energetico importante. Analogamente alle figure precedenti, nelle fig. 5 e 6 viene riportata in grigio la curva di emissività, questa volta del sole (6000 K). In fig.7 come conseguenza si nota come la radiazione solare che arriva sulla superficie sia decurtata da parte di importanti contributi. Il principale è lo scattering Rayleigh (Lord J.Rayleigh 1842-1919) di azoto e ossigeno nel visibile ed ultravioletto, poi alcuni assorbimenti dell’ozono (O3) nell’ultravioletto ma poi nel vicino IR la sequenza impressionante di H2O-vap.

2- influenza degli assorbimenti molecolari sulla dinamica radiativa terra-atmosfera nell’IR
Quando le molecole gassose si trovano in uno stato energetico eccitato esse sono dei piccoli sistemi quantistico-energetici isolati, i quali possono diseccitarsi:
1– trasferendo immediatamente questa energia alle altre molecole dell’aria (ossigeno e azoto) oppure in alternativa;
2– riemettendo la radiazione con la stessa λ, ma in direzioni casuali quindi verso lo spazio esterno, verso la superficie terrestre o verso una nuova molecola di gas attivo IR, eccitandola.
Ovviamente esulano da questa trattazione i moti convettivi dell’atmosfera, che ricevono e trasportano una parte del calore superficiale in maniera diretta. Si considera quindi un’atmosfera statica. Al livello più fondamentale, l’assorbimento e l’emissione della radiazione secondo i meccanismi (1) o (2) da una molecola sono controllati dai coefficienti di Einstein per l’assorbimento molecolare, l’emissione e l’emissione stimolata di un fotone (B12, A21 e B21). Gioca un ruolo anche la densità delle molecole negli stati fondamentale ed eccitato (n1 e n2 ) [1].
In parole semplici possiamo esaminare il fenomeno solo da un punto di vista statistico, introducendo alcuni coefficienti che hanno significato empirico, non si possono dedurre a priori. Sembra strano ma la natura quantistica dell’effetto serra ha queste basi. Come tutto ciò si possa raccogliere in un’equazione differenziale (da integrare poi opportunamente) fu il frutto del lavoro di Schwarzschild (Karl Schwarzschild 1873-1916). Brillante fisico ed astronomo tedesco (riscrisse le celebri equazioni della relatività di Einstein mediante il calcolo tensoriale), morì in gioventù sul fronte orientale nella prima guerra mondiale.
Già nel 1906 pubblicò un lavoro dal titolo “Über das Gleichgewicht der Sonnenatmosphäre” (Sull’equilibrio dell’atmosfera solare) in cui compariva la sua equazione, la quale mette in relazione la variazione incrementale dell’intensità spettrale, (dIλ) ad una data lunghezza d’onda con la lunghezza percorsa incrementale (ds) e la temperatura in un mezzo non disperdente.
Essa è data:

[https://en.wikipedia.org/wiki/Schwarzschild’s_equation_for_radiative_transfer]
Dove:
n è la densità delle molecole che assorbono/emettono,
σλ è la loro sezione d’urto di assorbimento alla lunghezza d’onda λ,
Bλ (T) è la funzione di Planck per la temperatura T e la lunghezza d’onda λ,
Iλ è l’intensità spettrale della radiazione che entra nell’incremento ds.
L’equazione è chiaramente composta da due termini, uno che potremmo citare come ‘quantistico’ ed uno ‘classico’; il primo descrive l’assorbimento e l’immediata riemissione da parte delle molecole in un breve segmento del percorso della radiazione (ds), mentre il secondo termine descrive l’assorbimento della radiazione da parte delle molecole sempre nello stesso breve segmento, assorbimento che viene trasformato in energia termica (il mezzo, ad esempio un gas, si riscalda).
Questa seconda parte non è altro che la legge di Lambert-Beer in forma differenziale [2]; una relazione di fisica classica, risalente alla fine del ‘700, che correla la quantità di luce assorbita da un materiale, alla concentrazione e allo spessore del materiale stesso attraversato. L’equazione di Schwarzschild vale per un mezzo omogeneo; in un mezzo non omogeneo, questi parametri possono variare con l’altitudine e la posizione lungo il percorso, rendendo formalmente questi termini funzione a loro volta delllo spazio percorso , quindi n(s), σλ(s), T(s) e Iλ(s). Si usano termini aggiuntivi quando la dispersione è importante.
Quando meteorologi e climatologi si riferiscono a “calcoli di trasferimento radiativo” o “equazioni di trasferimento radiativo” (RTE), i fenomeni di emissione e assorbimento sono gestiti dall’integrazione numerica dell’equazione di Schwarzschild su un percorso attraverso l’atmosfera. Per i più curiosi sono disponibili programmi online che eseguono calcoli utilizzando l’equazione di Schwarzschild (www.spectralcalc.com e altri).
La complessità di questa equazione ha provocato nel tempo alcuni false credenze, come la surface budget fallacy ovvero il supposto effetto di saturazione della CO₂. La radiazione IR fortemente assorbita dai gas serra può essere significativamente attenuata già entro 10 metri, nella bassa atmosfera. Queste stesse lunghezze d’onda, però, sono anche quelle in cui l’emissione è più forte. In un caso estremo, circa il 90% dei fotoni con λ = 14,98 μ vengono assorbiti entro 1 metro da 400 ppm di CO₂ a densità superficiale, ma vengono poi restituiti dall’emissione di un pari numero di fotoni con λ = 14,98 μ.
Non considerare la riemissione ma soltanto la componente ‘classica’ dell’equazione suddetta, porta valori del coefficiente di assorbimento esagerati ed a concludere che l’effetto serra della CO2 sia giunto a saturazione. Ulteriori aumenti del gas non porterebbero alcuna variazione di assorbimento. Ciò ha portato alcuni a credere erroneamente che l’equazione di Schwarzschild non preveda alcuna forzante radiativa alle lunghezze d’onda in cui l’assorbimento è “saturo”. Tuttavia, tale ragionamento riflette quello che alcuni chiamano l’errore del bilancio superficiale.
Questo errore comporta il raggiungimento di conclusioni errate concentrandosi sullo scambio di energia vicino alla superficie planetaria piuttosto che nella parte superiore dell’atmosfera. Alle lunghezze d’onda in cui l’assorbimento è saturo, l’aumento della concentrazione di un gas serra non modifica i livelli di radiazione termica a basse altitudini, ma ci sono ancora differenze importanti ad altitudini elevate dove l’aria è più rarefatta.
Modelli di simulazione che utilizzano l’equazione di Schwarzschild ci forniscono un panorama più realistico. Intanto chiariamo che le misure in ppm non sono altro che una percentuale divisa per 10.000. In altri termini 1000 ppm = 0,1% e così via. Anche se l’atmosfera diviene sempre più rarefatta (alla sommità della troposfera, a 10.000 metri c’è una pressione di circa 300 mbar) le ppm di CO₂ sono sempre le stesse, ad es. 410ppm, sia al livello del mare che in cima all’Everest.
Ma essendo l’aria più rarefatta la concentrazione in massa su volume reale (es. in moli/Litro) dei gas diminuisce, le distanze reciproche delle loro molecole aumentano fino al punto che diventa molto facile che un fotone emesso da una molecola eccitata non riesca più a trovarne una simile e quindi si perda nello spazio infinito. Ecco il punto che ci mancava per comprendere la spiegazione oggi accettata dai climatologi per l’effetto serra.
Aumentando la concentrazione di CO₂ aumenta l’altezza dal suolo alla quale le molecole sono sufficientemente distanti tra loro e possono liberamente inviare la loro energia radiante ricevuta dagli strati sottostanti, verso lo spazio. In altre parole l’aumento della concentrazione aumenta la ‘altitudine effettiva di emissione’ alla quale la radiazione termica emessa può fuoriuscire nello spazio. Per la maggior parte delle lunghezze d’onda, questo livello si trova nella troposfera ed aumenta di altitudine con la concentrazione.
Ciò significa che l’aumento delle concentrazioni di gas serra porta infine ad una diminuzione delle emissioni nello spazio, creando uno squilibrio energetico che rende il pianeta più caldo di quanto
sarebbe altrimenti. Pertanto, una apparente presenza di saturazione di assorbimento a basse altitudini non indica necessariamente l’assenza di forzante radiativo in risposta all’aumento delle concentrazioni.
Le due figure seguenti (8 e 9) riassumono quanto esposto in maniera molto sintetica.


3- Confronto sommario trae H2O-vap e CO₂
La concentrazione di acqua in forma vapore è variabile, mentre la percentuale media di umidità è costante e si attesta all’1%. L’acqua nella troposfera svolge una duplice azione (con feedback positivo una e negativo l’altra):
1 – all’aumentare della temperatura superficiale degli oceani si ha una maggiore evaporazione dai mari e quindi un aumento della concentrazione di vapor acqueo IR attivo che riscalda l’atmosfera e quindi anche per conduzione gli oceani.
2 – il vapore nella troposfera forma delle nubi per cui la quantità di energia solare che viene riflessa aumenta e questo porta ad un raffreddamento globale. Nella narrativa di IPCC e alcuni altri blasonati ‘panel’ climatologici, H2O-vap non viene considerato tra i gas serra. Questo perche la sua concentrazione viene supposta costante, a differenza degli altri gas serra che aumentano per via antropica. In realtà se la temperatura media terrestre è 15°C e non -19°C lo dobbiamo proprio a causa delle nubi, degli aerosol e di H2O-vap. La radiazione riemessa verso terra dall’atmosfera nell’IR (DLR, Downward Longwave Radiation) ammonta mediamente a 324 watt/m2 dovuta all’effetto serra e alla riflessività di nubi ed aerosol.
Al momento l’acqua contribuirebbe con 111 watt/m2 a questo DLR, anche se i dati in letteratura non sono concordi. In realtà questo valore può essere aleatorio, in quanto la concentrazione in ppm
del vapor acqueo è molto variabile. Però se consideriamo 20°C, 1 atm e 50% di umidità relativa essa è pari a 11000 ppm,(ovvero 1,1%). Esso è quindi il protagonista assoluto, almeno fino a 3 km circa dal suolo, dei fenomeni relativi all’effetto serra. Oltre quella quota la sua concentrazione diminuisce in quanto passa allo stato liquido nelle nubi o a temperature più basse addirittura a quello solido.
Ci preme rimarcare tuttavia come le variazioni di CO₂ (antropica e non), se riconsiderate cumulativamente con il vapore acqueo in una logica complessiva, portino a variazioni percentuali di molto inferiori rispetto alla CO₂ da sola. Con un semplice calcolo, ad esempio, una variazione da 280 a 410 ppm della CO₂ (dal 1750 ad oggi) prevede una variazione di gas attivi IR nella bassa atmosfera (a
20°C e 50% di umidità), da 11280 a 11410 ppm, con un delta di solo 1,15%.

La descrizione numerica più recente (2009) ed ampliamente accetata del bilancio radiante della terra si può rappresentare come una serie di flussi di radiazione solare (gialli) e di radiazione IR (rossi). Le unità di misura sono watt/m2 (fig.10). Come si deduce si tratta di una situazione di equilibrio radiante, infatti 342 watt/m2 entranti equivalgono a (107 + 235) uscenti. L’effetto serra risiede numericamente nei 324 watt/m2 (DLR, vedi prima).
Come visto l’equazione fenomenologica di Schwarzschild si presta solo ad una integrazione numerica nell’atmosfera, di solito mediante complessi modelli che prevedono come output altrettante variazioni termiche delle temperature medie globali, anche proiettate nel futuro. Al termine di questa trattazione però possiamo utilizzare una semplice equazione empirica, confermata dalla maggior parte dei modelli suddetti e in sintonia con l’IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change).
La relazione logaritmica tra la concentrazione (in ppm) della CO₂ e l’aumento di questo forzante radiativo di 324 watt/m2, ovvero la quantità di energia in più che arriva sulla superficie del pianeta per effetto di un certo aumento di CO₂ è data da:
ΔF = 5,35 ln([CO₂]/[CO₂ preind.])
La formula usa un coefficiente α di proporzionalità tra il forzante radiativo ΔF in Watt/m2 (potenza radiante diviso superficie irradiata) e il logaritmo naturale del rapporto tra la concentrazione di CO₂ attuale e quella preindustriale, considerata nel 1750 pari a 278 ppm. La formula è quindi facile da utilizzare: per la concentrazione attuale di 410 ppm si ha ΔF di 2,08 W/m2. Questo valore è da confrontare con il flusso radiante attuale IR verso il suolo (DLR) pari a 324 watt/m2.
Tutto ciò è pari ad una variazione dello 0,6% molto più piccola di quanto ci si aspetterebbe. In questa prima breve nota (altre ne seguiranno) ci fermiamo al bilancio energetico. Infatti non c’è ancora accordo, nonostante le simulazioni e le proiezioni per il futuro, su quanto valga esattamente l’aumento di temperatura a fronte di un certo forzante radiativo, in altri termini su quanto vale la sensibilità
climatica.
Ovvero, in altre parole, è cruciale trasformare questi 2,08 W/m2 in un innalzamento di temperatura per un raddoppio di CO₂. Ora i climatologi concordano che l’innalzamento termico dall’era preindustriale (1750) a oggi sia di circa 1,2°C (±0,2°C). Questo è da ascrivere a una variazione di 2,08 W/m2 (0,6%) della DLR? Anche secondo IPCC la sola CO₂ non avrebbe potuto creare variazioni climatiche così significative. La narrazione mainstream (IPCC ed altri) richiama (solo a questo punto) il vapor acqueo. In particolare fa appello al suo feedback positivo (1) descritto sopra. In sostanza la CO₂ si innescherebbe l’effetto serra ma poi H2O-vap lo amplifica (l’effetto di feedback negativo (2) viene ovviamente dimenticato). Ecco quindi che la sensibilità climatica della CO₂ viene artificialmente aumentata a dismisura, diciamo ‘ad libitum’, a piacere secondo le necessità del momento!
Approfondiremo questo ed altri intriganti aspetti nella prossima nota!
Riferimenti
[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Einstein_coefficients
[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Beer-Lambert_law
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_serra